top of page

// ARTICLES

BENETTON FORMULA 1: SQUADRA INGLESE CON L’ACCENTO VENETO.

​

Ancora stento a crederci: ho appena varcato i cancelli della blindatissima Benetton di Castrette TREVISO!!!! Ma sì, avete capito bene, la Benetton dei maglioncini colorati, quella degli spot provocatori di Oliviero Toscani, personalmente è quella degli anni d’oro della Formula 1.

Ebbene lo ammetto, non sono venuto fino a qui per una sfilata di moda o per approfondire la conoscenza su come fu scoperta la tintura della lana, la mia è una missione molto speciale.

E’ incredibile come ho sempre ammirato da fuori questa stupenda struttura architettonica tentando di immaginare come fossero organizzati gli spazi produttivi al suo interno ed ora finalmente potrò soddisfare la mia incontenibile curiosità. L’appuntamento per la visita guidata che dopo anni di insistenti domande sono riuscito a ottenere è tra circa una mezz’ora, mi presento in anticipo alla registrazione presso l’ingresso e ho come la sensazione di entrare in una zona militare; il personale molto gentilmente mi spiega di seguire le indicazioni per il parcheggio sotterraneo, la mia destinazione è il famosissimo archivio Benetton dove dicono vengano custoditi i preziosi segreti del successo di un marchio famoso in tutto il mondo. Raggiunto il parcheggio sotterraneo si può riguadagnare la luce attraverso una serie di scale che portano direttamente in mezzo ad un grandissimo giardino, mi rendo conto che l’intera area è stata scavata come a voler celare un bunker nascosto agli occhi indiscreti.

E’ una giornata di inizio autunno dalla temperatura ancora gradevole, i colori della natura sono tipicamente stagionali e tira solo un filo di vento. A fare da sfondo ad un’immensa distesa d’erba, una lunga e grigia tensostruttura industriale e numerosi alberi scheletrici perfettamente equidistanti a fare da cornice. Un quadro affascinante ed inquietante allo stesso tempo per grandezza e per geometria.

Mi incammino per una strada di sassi che mi conduce ad un fiumiciattolo ricco d’acqua, un architettonico ponte di legno mi accompagna all’ entrata, sulla targa si legge BENETTON STUDIOS.

Eccomi finalmente arrivato al cuore dell’ hub logistico pensato e realizzato negli anni ’70 dalle sapienti menti degli architetti Tobia Scarpa e Afra Bianchin, davanti a me due specchi d’acqua sottilissimi: uno a fondo in pietre bianche e l’altro a contrasto di pietre nere, un assaggio di quel design accattivante che accompagna l’ogni dove di questo luogo, stimato in 30 mila metri quadri tra produzione, logistica, uffici, mensa aziendale, Studios ed Archivio.

Vengo accolto dalla responsabile dell’area archivio che mi accompagna attraverso lunghi corridoi, la pavimentazione è in cemento quarzato ex industria con i segni del tempo cristallizzati come a voler testimoniare per iscritto la storia del luogo. Attraverso varie aree dedicate alle sfilate, immagino la passerella con il pubblico che ammira i nuovi capi di moda indossati dai modelli, sullo sfondo la proiezione di un video che narra la realizzazione a tempo di record degli Studios. Finalmente siamo arrivati, il corridoio che porta all’ archivio Benetton è costellato di vecchie pubblicità d’epoca, un vero salto nella storia del costume e della società di molti anni fa.

E’ un luogo affascinante intriso di storia del marchio che si può leggere attraverso campioni di vestiario, pubblicità su giornali d’epoca, plastici dei restauri delle ville e della progettazione dei locali produttivi, macchinari per la lavorazione e colorazione dei tessuti, libri.

Osservando le locandine pubblicitarie dei negozi Benetton si percepisce quella voglia di novità tipica del marchio, un messaggio nuovo al pubblico che abbatte il vecchio bancone per far spazio al self service con prodotti policromatici, una vera svolta per quei tempi.

Negli anni in cui il marchio Benetton mise piede in formula 1, gli sponsor dei vari team erano presenti sulle monoposto come veicolo pubblicitario di marche di sigarette, olii lubrificanti, pneumatici ecc. mai prima dell’arrivo della Benetton una scuderia aveva fatto coincidere il proprio nome con quello dello sponsor principale, tanto da venire inizialmente criticata, come era possibile identificare un’auto da corsa con un’azienda che produceva maglioncini colorati, eppure tutto questo si rivelò una mossa vincente.

Tutto ebbe inizio negli anni ’80 attraverso le sponsorizzazioni di Tyrrel, Alfa Romeo e Toleman. Successivamente nel 1985 avvenne l’acquisto della Toleman e nella stagione 1986 con la prima Benetton Formula 1 che presentava i marchi di Benetton e Sisley con la caratteristica livrea a colori sgargianti fatti a forma di pennellate e le gomme colorate di rosso, arancio, verde e blu; se solo pensiamo che trent’anni dopo la FIA ha adottato i colori per il riconoscimento delle mescole, sappiamo chi dobbiamo ringraziare!

Eppure la grande novità era proprio sotto ai nostri occhi: una squadra vincente rendeva tale anche il proprietario del team che grazie ad un tam-tam mediatico portava le immagini e il nome aziendale in tutto il mondo, decisamente un’idea azzeccata.

A quei tempi da bravi italiani si tifava una Ferrari in astinenza di vittorie, ma quella Benetton per metà inglese e per metà concedetemi TREVIGIANA, divideva gli animi.

Da un lato speravamo in un trionfo della rossa, dall’ altro si ammiravano le imprese di quel tedesco che poi sarebbe approdato dopo qualche anno a Maranello.

E sull’onda di questo turbinio di pensieri, dietro ad una pesante tenda nera, si apre incredibilmente un sipario che mai mi sarei aspettato.

Rimango basito da tanto ben di Dio: davanti a me fanno bella mostra ben 16 Benetton Formula 1 a testimonianza dei 19 anni di presenza nella massima formula.

E’ chiaro che l’esposizione è volta a sottolineare l’importanza pubblicitaria del marchio sulle monoposto, è altresì vero che un cultore delle monoposto Formula 1 le possa guardare in un’ottica completamente diversa, ed è questo lo scopo della mia visita.

Le auto si presentano in due file asimmetriche in parte sollevate da terra come se planassero in un fantomatico atterraggio. Sono complete di motore e volanti originali e gommate con gli pneumatici dell’epoca, la conservazione è a dir poco ottima, dubito però che questi motori possano ancora girare dopo il lungo periodo di fermo.

Tra tutte voglio soffermarmi sulla B195, vettura progettata da Rory Byrne e Ross Brown che nel 1995 grazie al pilota Michael Schumacher fu l’unica a conquistare sia il mondiale piloti che il mondiale costruttori, nuova nell’ aerodinamica e nel motore, rispetto alla precedente B194 del 1994 vincitrice del mondiale piloti 1994 con Michael Schumacher e protagonista del pauroso incendio che vide Jos Verstappen avvolto con i meccanici in un inferno di fiamme, avventura conclusasi fortunatamente solo con qualche ustione.

Passeggio in mezzo alle monoposto che mi trasmettono vibrazioni tali da scaturire moltitudini di ricordi.

Attraverso tutta la sala a ritroso nel tempo osservando come i volanti sia siano evoluti da un semplice oggetto di controllo con un paio di tasti per spegnimento e microfono ad una elettronica più sofisticata, dai materiali compositi misti e grezzi al leggerissimo carbonio.

Piano piano raggiungo la coda del gruppo incontrando gli arbori del marchio, con il suo verde Benetton intenso e il suo musetto rosso a ricordare la motorizzazione Alfa Romeo, la 184T che fu guidata da Riccardo Patrese ed Eddie Cheever fu sfortunata a causa dell’affidabilità e dei forti consumi, il miglior risultato fu un terzo posto con Riccardo Patrese nel GP d’Italia.

Una voce mi ricorda che il tempo concessomi per la visita è scaduto!

Davvero troppo poco per così tanta storia da ripercorre, così tanti particolari aerodinamici su cui soffermarsi, così tanti aneddoti da far riemergere. Esco ed attraverso il giardino un po' frastornato da così tante emozioni, un po’ di malinconia mi assale, avrei voluto passare più tempo con loro, studiarle, analizzarle, approfondire.

E’ stato un onore poter visitare una collezione privata di così elevato spessore, credo che meriterebbe una più ampia visuale e una diversa contestualizzazione, più vicina al mondo delle corse e meno al quello del marketing pubblicitario, ma questa è una visione di un nostalgico della Formula 1 dei bei tempi, quella vera.

​

Fabrizio Pagotto //autoAVIO.eu © 2023

​

Un ringraziamento all’ ARCHIVIO BENETTON per la gentile concessione. 

bottom of page